Colorare e schiarire il legno

sabato 27 novembre 2010


COLORAZIONE
L'arte di tingere il legno era conosciuta fin dall'antichità, si dal tempo degli Egizi e dei Persiani. Questa tecnica è stata documentata però solo in epoca più tarda: greco-romana. Abbandonata durante il medioevo, fu reintrodotta alla fine del Quattrocento grazie ad alcuni intarsiatori che, per rendere un maggior effetto cromatico alle tessere usate la utilizzarono nei loro laboratori. Infatti, le tessere vennero colorite e ombreggiate effettuando la bollitura delle essenze con liquidi colorati con estratti naturali.
La tintura a differenza della verniciatura, permette di conferire al legno la colorazione desiderata senza avere l'effetto coprente proprio della verniciatura.
Pertanto, dopo la tintura i disegni delle venature, la tessitura delle fibre, i nodi o marezzature restano ben visibili lasciando al legno questa inimitabile caratteristica che lo rende unico e così vivo.
L'ebanista o il restauratore sono interessati alla coloritura superficiale dell'essenza che viene sottoposta a questo trattamento prima o durante la fase di lucidatura
La tintura del legno, potrebbe in un primo momento sembrare cosa alquanto semplice, ma così non è: il risultato della tintura dipende sia dal tipo di tinta usata che dalla reazione delle sostanze contenute del legno. La tinta deve essere compatibile con tutti gli altri materiali che intervengono nel restauro: colle, stucchi, cere o gommalacca. Apprestarsi a tingere il legno potrebbe quindi supporre una elevata conoscenza tecnica e scientifica. I vecchi restauratori, possiedono una conoscenza empirica di questi fenomeni, data da numerosi anni di esperienza: tale conoscenza porta sicuramente a ottimi risultati.

Per chi si avvicina a questo ambiente, un principiante può incontrare qualche difficoltà in quanto non è semplice orientarsi per mancanza di regole ben precise. Questi appunti possono solo aiutare in parte, e il provare e riprovare possono essere un buon inizio per toccare con mano e fare esperienza.

I MORDENTI
Alle tinte naturali, di origine vegetale o minerale si sono aggiunte sostanze sintetiche derivanti dal catrame. Fra le tinte di origine vegetale , usate sin dalla antichità: il the, la cicoria ed il mallo di noce sono quelle più note, vanno preparate per infusione e utilizzate a caldo. Queste tinte venivano usate per ravvivare le essenze nazionali (legno di frutto, quercia e faggio). Altre tinte, forse meno note sono la curcuma, il campeggio, l'indaco, il cartamo e lo zafferano. Altri coloranti erano di origine animale estratti da alcuni insetti della famiglia degli Omotteri, come la cocciniglia ed il Kermes.

La Terra di Cassel di origine minerale e comunemente chiamata mordente noce, è assai diffusa oggi in commercio. Questi prodotto viene estratto dalla torba proveniente dalla zone di Colonia e di Cassel ed è commercializzato in frammenti bruni che si sciolgono in acqua bollente.
In commercio esistono tinte color noce, mogano, ebano, etc.
Le proporzioni della soluzioni si dosano a seconda dell'intensità di colore che si vuole ottenere. Se si aggiunge qualche goccia di ammoniaca la Terra di Cassel assume sfumature violacee. Mentre, se addizionata con anilina rossa, assume sfumature della tonalità del mogano. Come le altre tinte a base acquosa, la stabilità alla luce è buona. Di seguito riporto un semplice ricettario che può dare un piccolo suggerimento di come procedere per ottenere la tonalità voluta:

Noce chiaro e quercia: diluire la composizione base in acqua (sciogliere un paio di manciate di granuli in mezzo litro d'acqua in ebollizione).

• Noce scuro: diminuire la quantità d'acqua nella composizione base.

• Noce rossiccio: aggiungere alla composizione base un poco di mogano.

• Mogano Chiaro: aumentare le dosi d'acqua nella composizione base

• Mogano scuro: diminuire la quantità d'acqua nella composizione base.

• Mogano con riflessi bruni: alla composizione base aggiungere un poco di noce

• Ciliegio: Noce Base più Mogano Base

• Ebano con riflessi: alla composizione base aggiungere un poco di Mogano


LE ANILINE
Le tinte estratte dal catrame vengono comunemente chiamate aniline. La gamma dei colori disponibili va dal giallo al bruno cupo, si acquistano in mesticheria sotto forma di polveri commercializzate in bustine da poche decine di grammi. Le aniline si distinguono in dipendenza dal solvente: aniline all'acqua o aniline all'alcool. Le aniline all'acqua sono, come la terra di Cassel, più stabili alla luce e compatibili con prodotti vernicianti a base alcolica e sintetica.

Altro vantaggio delle tinte ad acqua è la loro praticità, in quanto possono essere miscelate fra di loro e con quelle di origine naturale per ottenere tonalità intermedie. Inoltre il loro impiego è piuttosto semplice in quanto ripassando su una parte appena trattata, non si rischia di lasciare aloni o chiazze più scure dal momento che l'acqua evapora lentamente.

Le aniline all'alcool sono particolarmente indicate per tingere i legni molto sottili (piallacci e lastroni) che, se trattati con grandi quantità d'acqua, si imbarcano e deformano tendendosi a staccare. L'uso di tinte all'alcool non è comunque semplice poiché l'alcool può deteriorare la colla, per cui occorre proteggere le giunzioni con uno strato di paraffina. Possono dare luogo a tinte non uniformi se stese da mani poco esperte e non ultimo, la lucidatura a gommalacca è possibile solo dopo circa una quarantina di giorni dal trattamento di tintura.

Le aniline ai grassi sono polveri coloranti concentrate utilizzabili per la colorazione di olii, cere, grassi, vernici, resine, ecc.
I diversi colori possono essere miscelati tra loro per ottenere infinite tonalità intermedie di colore.
Le aniline ai grassi sono caratterizzate da praticità d'impiego e da un elevato potere colorante.

Esiste anche un metodo di tintura del legno che si basa non sull'aggiunta di pigmenti colorati, ma sulla reazione con i tannini del legno facendoli diventare più scuri. Questo metodo, chiamato mordenzatura, da effetti esteticamente molto validi, ma è di una elevata difficoltà in quanto l'esito no è prevedibile a priori se non con una grande esperienza.

Uno dei mordenti più usati è il bicromato di potassio, particolarmente adatto per scurire la quercia ed il mogano e quindi ad uniformare la tinta delle parti nuove con quella della struttura più vecchia.

I cristalli di bicarbonato di potassio sono praticamente indicati per la colorazione del mogano. Questo metodo viene usato anche per dare al legno un spetto anticato. Si presta bene per armonizzare le integrazioni nuove. Ai cristalli viene aggiunta acqua necessaria allo scioglimento completo. Al momento dell'uso si aggiunge acqua per poter ottenere la giusta colorazione. Sebbene il liquido risultante sia un arancio vivo, da al legno un colore caldo e piacevole. Se usato molto concentrato si ottiene una colorazione quasi nera. Lo scurimento del legno non avviene appena applicato, ma ad asciugatura avvenuta.


SCHIARIRE IL LEGNO
L'imbiancamento è un procedimento usato per schiarire i legni che poi verranno tinti in seguito al fine di uniformare meglio le integrazioni.

L'acqua ossigenata è la sostanza sbiancante più consigliabile dal momento che svolge un'azione poco dannosa sulle fibre legnose, è adatta tutte essenze e non richiede risciacquo poiché i suoi componenti evaporano spontaneamente durante l'essiccazione. L'acqua ossigenata ad alte concentrazioni (60-130 volumi) stabilizza con acido forte, va attivata al momento dell'uso con sostanza alcalina, ad esempio con l'ammoniaca pura

L'azione dell'acqua ossigenata è determinata dalla sua scomposizione in acqua ed ossigeno atomico il quale, ossidando le sostanze coloranti del legno ne provoca la decolorazione.

L'acqua ossigenata si passa sul legno con uno straccio bianco non di cotone poiché questa fibra si degrada facilmente a contatto con essa.


Nota dell'esperto
Per la sbiancatura del legno, ho utilizzato una soluzione ottenuta componendo al 95% acqua ossigenata a 130 volumi e per il rimanente 5% ammoniaca pura.
Per ciò che attiene al processo di sbiancamento, dopo avere indossato dei guanti protettivi, con un pennello ho incominciato a spennellare la parte da trattare lasciando qualche minuto come tempo d'azione della soluzione sul legno.
Mi raccomando di usare anche una mascherina, perchè i vapori dell'ammoniaca sono terribili. Successivamente con una pezza di cotone si strofina energicamente la parte da trattare.
Se il risultato ottenuto non risponde alle aspettative l'operazione si può ripetere a distanza di qualche ora, sostituendo alla pezza un po' di lana d'acciaio .
Una volta terminata l'operazione di sbiancamento È consigliabile ripulire la parte trattata con un po' di alcool e strofinarlo con una pezza di cotone per asportare residui di soluzione e fili di lana d'acciaio.

Gommalacca


La gommalacca è una fragile e scagliosa secrezione dell'insetto Kerria lacca, presente nelle foreste di Assam e Thailandia. Un tempo si riteneva comunemente che fosse ottenuta dalle ali di insetti indiani. In realtà, la gommalacca è ottenuta dalle secrezioni dell'emittero femmina, ed è raccolto dalla corteccia degli alberi su cui lo deposita per ottenere una salda presa sull'albero. Una volta purificata, la sostanza prende la forma di pallottoline di colore giallo/bruno.


Gommalacca in scaglieLa gommalacca è un polimero naturale ed ha una composizione chimica simile a quella dei polimeri sintetici, ed è quindi considerata una plastica naturale. Può essere modellata a caldo, per cui è classificata come termoplastica.


Una cornice di gommalacca del 1800.È stata usata dalla metà del XIX secolo per produrre piccoli oggetti come cornici, scatole, articoli da toeletta, gioielleria, calamai ed anche protesi dentarie.

È solubile in una soluzione alcalina con ammoniaca, borace, carbonato di sodio, e idrossido di sodio e in altri solventi organici.

Una volta dissolta in acetone o alcool, la gommalacca dà un rivestimento di durevolezza e durezza superiori. È usata con il metodo tradizionale per rifinire mobilia, violini e chitarre. La gommalacca arancione viene candeggiata con ipoclorito di sodio per formare la gommalacca bianca. Poiché è compatibile con la maggior parte degli altri rivestimenti, la gommalacca viene inoltre utilizzata su legno per impedire spurgo di resina o pigmenti nel rivestimento finale.

Essendo commestibile, la gommalacca è stata usata come agente lucidante per pillole e caramelle. A questo fine, è classificata come additivo alimentare con il numero E904 e viene ancora usata come rivestimento della frutta per impedirne il deperimento dopo la raccolta.

La gommalacca inoltre è stata usata nella produzione dei dischi grammofonici fino al 1950 circa.

Come materiale per stampaggio ad iniezione è ormai obsoleto ed ha quindi poche applicazioni.

Ancora oggi trova impiego nella lucidatura dei mobili ed il loro mantenimento, siano essi d'epoca pre-aniline oppure in stile, per conservare la tecnica di produzione dell'originale e preservarne il vissuto o "pàtina".

Quello che distingue le pinate resinose dalle latifoglie


Abete
L'abete è un legno tenero, della famiglia delle resinose. Cresce nell'emisfero boreale, in zone fredde e temperate. Il suo tronco può raggiungere persino i quaranta metri d'altezza. Se ne conoscono due varietà principali, dette, dal colore della corteccia, abete bianco e abete rosso. L'abete bianco è la qualità meno pregiata. Il suo tronco è più alto, ma la fibra è più grossolana; si tarma e deteriora facilmente. Ha peso specifico elevato ed è ricco di nodi. Il colore del legno è bianco, con vene rossicce. Si usa per imballaggio, impalcature, travi, pavimenti e intelaiature all'interno, in ambienti asciutti.
L'abete rosso è tipico dell'Europa settentrionale. Il suo legno da fresco è bianco. Stagionando diventa giallo pallido. Ha un peso specifico basso, si lavora facilmente, è solido, elastico e si può rifinire bene. E' più resistente del legno dell'abete bianco sia all'umidità sia dal punto di vista meccanico. Il suo fusto molto dritto ne raccomanda l'uso per pali, antenne, alberi di barche o navi e costruzioni in genere. Può essere lavorato al tornio e utilizzato per mobili, cornici e strumenti musicali. C'è poi l'abete chiamato americano o douglas, molto pregiato perchè non ha nodi. E' di colore bruno rossastro chiaro.
Acacia
L'acacia è un legno di essenza forte, della famiglia delle latifoglie. Il suo tronco può raggiungere il diametro di un metro. Il legno è giallo rossastro, la fibra sottile e compatta, è resistente all'umidità e pieghevole. Si può lavorare, rifinire e lucidare bene. Viene usato in carrozzeria, per costruire ruote, raggi, pali; poi scalini e strutture esterne.

Acero Acero
L'acero è un legno di essenza forte, famiglia delle latifoglie. Il legno è di colore chiaro, giallo rosato, con venature. E' duro, a fibra molto compatta. La superficie è lucida e setosa. Si usa per falegnameria interna ed esterna, per lavori di ebanisteria, per impiallacciatura, per la fabbricazione di strumenti musicali.
Balsa
Il balsa è un albero dell'America tropicale dal legno bianco leggerissimo, molto poroso. Ha una fibra spugnosa, omogenea, fragilissima e morbida, che gli permette però di essere lavorato e plasmato con molta facilità, modellato con stampi di metallo. Si sega male perchè si scheggia, ma può essere intagliato con strumenti affilati. Oltre a essere il più leggero dei legni è anche il più stabile e il meno soggetto a deformazioni. Si usa soprattutto in aeromodellismo e in arredamenti teatrali (le sedie che gli attori si rompono in testa nelle risse sono di balsa).

Betulla Betulla
La betulla è un legno tenero, della famiglia delle latifoglie. Colore bianco giallastro venato, qualche volta tendente al rosa. Poco resistente all'umidità, si usa solo per costruzioni interne. Se ne ricavano compensati, interni di mobili. E' il più resistente fra i legni teneri e si può lavorare al tornio.
Bosso
Il bosso è un legno a essenza forte, famiglia delle latifoglie. Durissimo, ha colore chiaro, dal bianco al giallo limone. Viene usato per lavori di ebanisteria, strumenti musicali. Molto adatto alla lavorazione al tornio.
Carpino
Il carpino è un legno di essenza forte, della famiglia delle latifoglie. Ne esistono diverse varietà. Molto duro e compatto, ha colore giallo sporco e alto peso specifico. Ottima resistenza meccanica però si torce facilmente e non è adatto alla pialla e al tornio perchè tende a scheggiarsi. Se ne fanno manici di utensili, ruote idrauliche e ingranaggi, viti di pressione e attrezzi agricoli.

Castagno Castagno
Il castagno è un albero di essenza forte, semiduro, della famiglia delle latifoglie. Di colore bianco giallastro o bruno, leggermente venato e con molti nodi, il legno è elastico e resistente, poco compatto e con basso peso specifico. Gli alberi di castagno devono essere tagliati a tempo opportuno, fra i duecento e i trecento anni. I castagni troppo vecchi sono soggetti a malattie che ne deteriorano il legno. Si usa per falegnameria interna ed esterna, ebanisteria e, per la sua ottima resistenza all'umidità (se non soggetto a cambiamenti d'ambiente e di temperatura), per serramenti, palafitte, botti, tini e mastelli.
Cedro
Il cedro appartiene alla famiglia delle resinose. Originario del Libano, ha tronco molto alto. Il legno è rossiccio, facilmente fendibile. Viene usato per la costruzione di imbarcazioni sportive, ma soprattutto matite.

Cembro o cirmolo Cembro
Il cembro (cirmolo) è un albero di essenza tenera, che appartiene alla famiglia delle resinose. Ha il legno molto compatto, senza venature. E' usato soprattutto per lavori di tornio e di intaglio.

Ciliegio Ciliegio
Il cieligio è un legno di essenza forte, famiglia delle latifoglie. Il legno è arancione o rosso bruno con venature, molto duro e compatto, con fibre regolari. Tende però a deformarsi e a fendersi.

Cipresso Cipresso
Il cipresso è un albero di essenza forte, famiglia delle resinose. Il legno è bianco gialliccio, duro, compatto e profumato. Resiste bene ai tarli e all'umidità. E' usato per mobili, infissi interni ed esterni, costruzioni marittime e lavori subacquei.
Corniolo
Il corniolo è un legno di essenza forte, famiglia latifoglie. Il legno è bianco rossastro, durissimo e resistente. La superficie si può levigare molto bene. E' adatto per lavori di tornio, intaglio e intarsio. La sua durezza e la sua resistenza all'attrito lo consigliano per parti di ingranaggi e attrezzi di molto uso.

Ebano Ebano
L'ebano proviene dalle Indie, dalle Antille o dall'Africa. Ce ne sono diverse varietà, la più pregiata è quella col legno nero. Il legno è profumato, durissimo, più pesante dell'acqua (quindi non galleggia). La superficie può essere rifinita e lucidata molto bene. Si usa per lavori di tornio, di intaglio, intarsio, parti di strumenti musicali, mobili di lusso.

Faggio Faggio
Il faggio è un legno di essenza forte, della famiglia delle latifoglie. Il legno è biancastro o giallo rossastro. E' pesante, tende a fendersi e deformarsi, è poco elastico. Si può curvare col vapore, in questo caso diventa più duro e flessibile. Si usa per pavimentazioni, mobili, carpenteria, serramenti e anche, una volta incatramato, per traversine di rotaie ed edilizia idraulica.

Frassino Frassino
Il frassino è un legno molto duro, di essenza forte, della famiglia delle latifoglie. Il colore è bianco rosato madreperlaceo. Può avere sfumature sul verde. Si può pulire e lucidare molto bene. Anche il frassino si può curvare col vapore. Si presta a lavori di ebanisteria, intelaiature, mobili, sci, veicoli, bastoni, ombrelli.
Hickory
L'hickory è originario dell'America settentrionale, fornisce un legno pregiato, molto duro ed elastico, curvabile a vapore. Viene usato per la costruzione di sci.

Larice Larice
Il larice è un legno di essenza resinosa. Il colore è rossastro con venature scure o giallo chiaro. E' molto compatto e robusto, resistente all'umidità. Si usa per costruire mobili, infissi interni ed esterni. La varietà detta "americana" è impiegata anche per la costruzione di navi.
Leccio
Il leccio è un legno di essenza forte, famiglia delle latifoglie. Il colore è rossastro chiro. E' un legno molto duro, compato e resistente, non viene attaccato dai tarli. Si può pulire molto bene. Se ne costriscono mobili, leve, assi di carri, attrezzi da falegname.

Mogano Mogano
Il mogano proviene dall'America tropicale e dalle Antille. Il legno è duro, compatto, facile da lavorare, di colore rosso scuro. Ha grana finissima, può venire lucidato e non si deforma. E' usato soprattutto per i mobili.

Noce Noce
Il noce è un legno di essenza forte, semiduro, della famiglia delle latifoglie. Il colore è marrone. Può esere chiaro se l'albero è giovane, scuro se è vecchio. Ha delle belle venature più scure. Il legno ha fibra compatta, è duro, elastico, pesante. Resiste poco agli insetti e agli agenti atmosferici. E' adatto a essere intagliato. Si usa soprattutto per mobili, cornici e oggetti da ornamento.

Obece Obece
L'obece è un legno di essenza tenera, famiglia delle latifoglie. E' un legno puzzolente, di colore bianco grigiastro. Usato per lavori di falegnameria.

Olivo Olivo
L'olivo è un legno di essenza forte, della famiglia delle latifoglie. Il legno è giallo con venature scure, profumato a struttura compatta e omogenea. Si può lavorare e rifinire molto bene. Si utilizza per costruire pavimenti, mobili, contenitori, lavori di tornio e d'intarsio.

Olmo Olmo
L'olmo è un albero di essenza forte della famiglia delle latifoglie. Il colore del legno è marrone bruno o giallo rossiccio. E' molto duro, compatto, rigido e resistente. Non si fende con facilità. Si può tornire e intagliare. Si utilizza per costruire parti di utensili, banchi da falegname, veicoli gradini e pavimenti. Ha la particolarità di non venire rovinato dall'urina degli animali.
Ontano
L'ontano è un legno di essenza tenera, della famiglia delle latifoglie. Il colore è beige rossastro. E' un legno che resiste bene all'acqua, molto compatto, adatto per lavori al tornio.

Palissandro Palissandro
Il palissandro è un legno duro, della famiglia delle latifoglie, proveniente dal Brasile e dall'India. E' molto compatto, di colore rosso violaceo venato e profumato. Si può rifinire e lucidare molto bene. E' adatto a lavori di tornio e d'intarsio. Si usa per mobili, pianoforti, lavori di ebanisteria.

Pero Pero
Il pero è un legno di essenza forte, famiglia delle latifoglie. Il legno è compatto, molto pesante, resistente ai tarli. Non si deforma. Si lavora facilmente e non si scheggia. Il colore è rossiccio. Si utilizza per strumenti di precisione, strumenti musicali, lavori di tornio e di intaglio e per la costruzione di mobili intagliati.

Pino Pino
Il pino è un legno tenero, della famiglia delle resinose. E' profumato, molto resinoso, resistente alle intemperie, di colore bianco rossiccio. E' più duro dell'abete. Ce ne sono diverse qualità. Il pino marittimo si usa per intelaiature e falegnameria interna, per traversine ferroviarie, impalcature, pali telegrafici. Il pino selvatico serve per costruire navi, ponti, serramenti e infissi esterni, pali telegrafici, mobili. Altre qualità servono per alberi da navi, costruzioni rurali, lavori di intaglio, modelli di fonderia.

Pioppo Pioppo
Il pioppo è un legno di essenza tenera, della famiglia delle latifoglie. Di colore biancastro, a grana fine, uniforme, omogenea, fragile, facile da lavorarsi. E' poco resistente al tempo e alle intemperie.
Si utilizza per costruire fiammiferi, casse da imballaggio, interni di mobili, pasta di legno, falegnameria minuta, scaffalature.

Pitch-pine Pitch-pine
Il pitch-pine è un legno di essenza resinosa. Proviene dall'America centrale. E' compatto, a fibre sottili, molto resinoso. Il colore è giallo rossiccio. Resiste bene all'umidità, anche sott'acqua. Si usa per costruire imbarcazioni, ponti, traversine ferroviarie e per la costruzione di mobili e infissi.

Platano Platano
Il platano è un legno di essenza forte, della famiglia delle latifoglie. Anche le radici, che sono di color rosso venato, sono utilizzate per impiallacciature. Il legno è bianco rossastro con zone scure. Si deforma facilmente, non resiste all'umidità e, seccando, si riduce di volume. Anche se è un legno duro, si lavora facilmente. E' particolarmente adatto a lavori di tornio e d'intaglio.
Quercia
La quercia è un albero di essenza dura, della famiglia delle latifoglie. Il legno è giallo pallido o bruno rossastro chiaro. Stagionando scurisce. E' un legno compatto, pesante, robusto. Si usa per costruire mobili, veicoli, palafitte, traversine ferroviarie. Ci sono diverse qualità di quercia. Una è la quercia da sughero che dà un legname poco pregiato, ma la cui corteccia molto spessa costituisce appunto il sughero. Il sughero è leggerissimo, elastico, impermeabile, buon isolante dei rumori. Si usa per tappi, galleggianti, suole di scarpe, rivestimenti di mobili e di pareti, per costruire pannelli termici e isolanti.

Rovere Rovere
Il rovere è una qualità di quercia molto dura di colore bruno giallastro, che lasciata stagionare è utilizzata per la costruzione di botti, tini e mastelli, nonchè di piccole imbarcazioni. Il succo contenuto nel legname, chiamato tannino, oltre che resistere alla fermentazione del vino, gli conferisce aroma.

Tek Tek
Il tek è un albero dal legno duro, che proviene dalla Birmania e dall'Indocina. Il colore è bruno verdastro venato, giallo o rosso cannella. Molto solido, resistente agli sbalzi atmosferici e all'umidità. E' pesante, a fibra compatta; si lavora facilmente. E' adatto per lavori di ebanisteria, per serramenti esterni, per pavimenti esterni, per mobili, costruzioni navali e idrauliche.

Tiglio Tiglio
Il tiglio è un albero di essenza tenera, della famiglia delle latifoglie. Il legno è di color bianco sfumato di rosa, tenero, a fibra omogenea e sottile, di molto facile incisione. E' delicato, non resiste al tempo e ai tarli. Viene usato per costruire mobili, rocchetti, oggetti di cancelleria, tasti per pianoforti.

Colla a caldo da falegname - Garavella


La colla a caldo da falegname, chiamata colla Garavella o colla animale viene venduta sotto forma di piccole sfere di color ambra ed è ottenuta tramite ebollizione delle parti animali, degli scarti, non utilizzate per scopo alimentare.

Dopo aver lasciato le perle in acqua per qualche ora permettendo così che si ammorbidiscano si fanno sciogliere a bagnomaria.

Fondamentale è l’utilizzo del bagnomaria che permette di mantenerla sempre calda mentre viene stesa a pennello, la consistenza e quindi la vischiosità, è altro fattore importante, non deve essere ne troppo liquida e ne troppo densa.

La colla da falegname va utilizzata celermente perché il suo potere adesivo inizia con il raffreddamento e anche se sarà completamente asciutta dopo un paio di giorni, l’incollaggio deve essere rapido ed immediatamente supportato da morse.

E’ meglio quindi provare i pezzi da incollare preventivamente a secco e quando si avranno a portata di mano tutti gli attrezzi necessari ( morse, blocchetti, spugnetta inumidita per le colate etc.etc.) procedere con l’incollaggio vero e proprio

Trattamento antitarlo e disinfestazione nei mobili antichi e oggetti lignei da collezione.


Prima d’intraprendere un trattamento di disinfestazione antitarlo nei mobili antichi è bene conoscere un paio di circostanze:

I fori che vediamo nel nostro mobile o nel nostro oggetto si possono distinguere in due categorie ovvero: fori attivi e fori passivi.

In breve, il primo è dove tuttora dimora attivamente, il secondo invece è un foro non più recente di un tarlo che ormai ha abbandonato il legno, di cui si ciba, concludendo il proprio percorso biologico trasformandosi in farfalla e che svolazzando,magari su un altro mobile... abbia lasciato la propria tana.

Il tarlo più comunemente diffuso e conosciuto è l' Anobium Punctatum anche se esistono altre specie come il Lyctus Brunneus il Xetobium Rufovillosum o anche il Hylotrupes Bajulus.

Tarlo del legno - Fori Attivi

Si riconoscono dai bordi regolari, dal colore sicuramente più chiaro e ovviamente, ma non sempre, dato che dipende da dove sono situati, dalla presenza di polvere di legno.

Se il tarlo è solamente uno o due si può intervenire semplicemente iniettando con siringa e ago un apposito prodotto antitarlo (consigliati quelli inodore), possibilmente lavorando in modo orizzontale ma con il foro e la relativa galleria perpendicolare di modo che questa posizione ne favorisca la caduta. Cercate di entrare in profondità con l’ago e spruzzate dolcemente sino a quando la galleria sarà satura, inevitabilmente ci sarà una leggerissima tracimazione del liquido che dovrete evitare tamponando, in modo contemporaneo all’iniezione, con uno straccetto. Ripetete l’operazione tre o quattro volte a brevi intervalli dopo di che chiudete immediatamente i fori come descritto nella parte precedente.

Se i tarli dovessero essere diversi e attivi l’operazione si complica. Sottolineo il fatto che stiamo parlando di mobili in fase di restauro e quindi non ancora lucidati e finiti. Consideriamo che un gran numero dei prodotti in commercio, se dati sul mobile finito e già lucidato potrebbero rovinare irrimediabilmente la patina.

Trattamento Antitarlo - Fori Passivi

Si riconoscono dai loro bordi irregolari e dal colore più scuro rispetto ai fori attivi. Un trattamento antitarlo in questa situazione non sempre è necessario, ma potrebbe comunque servire dato che le gallerie interessate da questi fori potrebbero fungere da nido e contenere nuove larve .

Considerando che stiamo intervenendo su di un mobile in fase di restauro e quindi ancora da lucidare interventi con stucchi sintetici vari sono poco consigliabili perché i loro componenti potrebbero macchiare il legno con le relative conseguenze. L’intervento con il Gesso di Bologna è sicuramente la soluzione migliore ,anche se deve essere fatta ad opera di mani sapienti soprattutto per raggiungere la tonalità desiderata.

La soluzione più semplice è armarvi di pazienza, comprando quei bastoncini di cera solida nella tonalità più adatta al vostro mobile, (considerando che cambierà con la nuova lucidatura) tagliarne dei piccoli pezzetti che terrete nel pugno della mano sinistra che per effetto del calore corporeo si ammorbidiranno, contemporaneamente con la mano destra farete dei piccoli bastoncini del diametro dei fori e pazientemente procederete alla chiusura.

Trattamento eliminazione tarli nei mobili antichi.

Quindi attenzione se dovrete intervenire su un mobile già finito: è importantissimo che l’antitarlo che userete sia appositamente studiato per non ledere la patina non correndo il rischio che il prodotto macchi il legno e che ne aggredisca irrimediabilmente la finitura. In ogni caso, anche se il prodotto fosse esplicitamente dichiarato per questo scopo, fate una prova su una piccola parte poco in vista e valutatene l’effetto dopo qualche giorno, guardando la parte trattata in diverse situazioni luminose ( luce naturale, artificiale, controluce). Il passo successivo è quello di portare il mobile in un ambiente arieggiato, lontano da bambini, alimenti, bevande e animali domestici e soprattutto NON IN CASA e lontano dal posto in cui viviamo. Il trattamento vero e proprio sarebbe meglio eseguirlo all’aria aperta con tanto di guanti e mascherina. Ricordiamoci che stiamo usando del veleno e quindi di leggere attentamente le indicazioni del produttore indicate sulla confezione.

Diamo ora l’antitarlo in modo abbondante con un pennello largo e piatto, se la superficie è liscia, lavorando sempre orizzontalmente ( quindi girando e, se necessario, capovolgendo il nostro mobile) per favorire la caduta del prodotto nelle gallerie. Una volta terminata questa operazione sarà necessario costruire una camera a gas, magari avendo steso precedentemente un grosso telo di plastica con il quale avvolgeremo tutto il mobile o la parte interessata, è importante che non ci sia contatto con l’esterno, quindi sigillate bene magari con delle mollette o del nastro di carta adesiva da carrozziere. Una volta finito tutto il lavoro lasciamolo sigillato in questo modo come minimo 20 giorni e anche più se possiamo, trascorso questo tempo leviamo l’involucro che abbiamo creato in precedenza e lasciamolo arieggiare per qualche giorno prima di riportarlo in casa. Il periodo migliore per eseguire il trattamento è la primavera o in alternativa l’autunno. Se il mobile o l'oggetto è di particolare pregio consiglio vivamente di rivolgersi a restauratori di provata esperienza o a ditte specializzate le quali sono attrezzate per effettuare trattamenti con autoclave in sottovuoto o addirittura in loco.

Corso di Restauro


L'oraganizzazione di un laboratorio
La sede di un laboratorio deve essere confortevole e quanto più spaziosa possibile, non pensiate di avere spazio a sufficienza, prima o poi vi accorgerete che non è vero.

L'ideale sarebbe avere due o tre locali separati, per la falegnameria, la rifinitura e il magazzino. L'umidità e il freddo possono creare non pochi problemi, assolutamente da evitare, soprattutto l'umidità delle cui conseguenze parleremo in seguito. La luminosità è un'altra caratteristica da considerare, la luce artificiale, soprattutto quella prodotta dalle lampade al neon, cambia tonalità al colore del mobile, attenuando la componente rossa del colore e quindi rendendolo meno piacevole, le lampade ad incandescenza al contrario esaltano il colore rendendolo molto più caldo e piacevole.

L'organizzazione dello spazio, è logicamente personalizzata alle caratteristiche della sede che si ha a disposizione, anche in un locale unico cercate di tenere separata la zona della falegnameria da quella per la rifinitura. Se avete macchine utensili non sacrificatele mai in zone anguste, tenendo conto della possibilità di lavorare pezzi di grandi dimensioni.

L’attrezzatura in dotazione ad un laboratorio di restauro è composta dai più comuni attrezzi per la lavorazione del legno (martello, pialla, sega, ecc.) e da altri utensili meno comuni e conosciuti, ormai caduti in disuso, che comunque sarebbe bene non farsi mancare. Le pialle. Uno degli strumenti più utilizzati in laboratorio, oltre alla pialla classica ci sono: la sponderuola, che è una pialla senza coste laterali, esiste di varie larghezze, la pialla per modanature, conosciuta anche con il nome di bastone, ha la lama sagomata in una moltitudine di forme, serve per fare cornici di tutti i tipi, il tipo di bastone più usato e quello a profilo tondo
Le operazioni di pulizia (o sverniciatura) sono quelle che richiedono una particolare attenzione nella scelta d’intervento. Infatti in questa fase un errore di valutazione può causare dei danni che sono in un certo modo irreversibili. Tenete sempre conto della patina del mobile, quella colorazione che il legno acquisisce nel tempo, va considerata sacra, ogni intervento di pulizia la deve sempre salvaguardare. Evitate interventi drastici (quali soda caustica) , in alcuni casi e necessario solo spolverare l’oggetto, non è indispensabile sverniciarlo. Analizzando il tipo di verniciatura che ricopre l’oggetto si determinerà il prodotto migliore per eseguire la pulizia. Eseguite sempre un test del prodotto scelto in un’angolo nascosto del mobile, questo farà in modo che, se il prodotto è errato, o non funziona a dovere, limiterete i danni. La finitura del mobile tiene conto innanzi tutto di quella che era o dovrebbe essere stata la finitura originale, va ripristinata e non va inventata (con l’uso di miracolosi prodotti, tutto in uno).Quando la finitura è ormai compromessa e si decide di eseguirla ex-novo si deve tener conto logicamente dell’epoca e dell’origine dell’oggetto (la gommalacca prima del XVIII Sec. non era di dominio pubblico) deducendo così quale sarà stata la finitura originale.

Finiti i lavori di falegnameria, possiamo iniziare a pulire il mobile. Può sembrare banale indicarlo ma la prima operazione consiste nell'aspirare tutto il mobile sia internamente che esternamente. E' di aiuto anche l'uso dell'aria compressa per eliminare gli accumuli di polvere dalle zone inaccessibili all'aspiratore.